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Abbatti le barriere della comunicazione

Cosa sono le barriere della comunicazione e come si possono superare per migliorare la propria comunicazione professionale?

Il tema è abbastanza difficile, ma fondamentale per chi, come noi psicologi, lavora costantemente con la comunicazione, anche sul digitale.

Ricorda che per uno psicologo, la capacità di comunicare in modo efficace non si ferma solo all’interno delle sedute, ma si espande nel modo in cui ci presentiamo, ci facciamo conoscere e portiamo valore anche online.

Che cos’è la comunicazione?

Partiamo ovviamente dall’inizio: che cos’è la comunicazione?

La comunicazione è a tutti gli effetti un processo di interazione sociale; per semplificare in modo estremo, immaginia il processo come uno schema.
All’interno di una comunicazione viene trasmesso un messaggio da un emittente A ad un ricevente B, che deve, appunto, riceverlo e comprenderlo affinché il processo sia completo ed efficace.

Se questo processo viene interrotto per qualche motivo o risente di qualche errore o deviazione, si ha un blocco della comunicazione e il processo non si completa.

L’ascolto attivo: il sale della comunicazione

Gli elementi tecnici ed essenziali della comunicazione sono sempre gli stessi, e probabilmente li avrai studiati all’università (emittente, ricevente, messaggio, canale, codice, referente e contesto).

Dal punto di vista psicologico, però, c’è un elemento essenziale che permette il completamento in modo efficace del processo comunicativo: l’ascolto attivo.

È un po’ come mettere la giusta quantità di sale in una ricetta: magari non è elencato tra gli ingredienti, ma è essenziale affinché il piatto abbia un buon sapore.

Potrei riassumerti la differenza tra ascolto attivo e passivo all’interno della comunicazione in questo modo: se l’ascolto passivo prevede ASCOLTARE PER RISPONDERE, l’ascolto attivo prevede ASCOLTARE PER COMPRENDERE.

La differenza è sostanziale.

ASCOLTO PASSIVO

ASCOLTO ATTIVO

Il focus è solo sul mittenteIl focus è sul processo comunicativo, sulla relazione tra mittente e ricevente
Pensare a cosa dire, piuttosto che a capire realmente cosa ci sta dicendo l’altroCercare realmente di comprendere il significato del messaggio, a tutti i livelli (verbale e non verbale)
Prevede una comunicazione direttiva e monodirezionalePrevede una comunicazione empatica e bidirezionale (feedback)
Non prevede coinvolgimento emotivoPrevede coinvolgimento emotivo ed espressione non verbale di tale coinvolgimento
Lascia la comunicazione ad un livello superficialePermette di approfondire la comunicazione

Non pensare che l’ascolto passivo piuttosto che attivo porti solo ad un tipo di comunicazione aggressiva o poco interessata all’altro, perché sarebbe un errore.

Rischiamo di cadere nella trappola dell’ascolto passivo anche quando, magari provando ad aiutare l’altro senza però ascoltarlo in modo attivo, ascoltiamo più come stiamo noi in quell’interazione piuttosto che cosa vuole comunicarci l’altro.

Le 12 barriere della comunicazione di Gordon

L’utilizzo dell’ascolto passivo porta ad esprimerci attraverso una delle 12 modalità errate o blocchi comunicativi che Thomas Gordon, psicologo americano, ha chiamato BARRIERE DELLA COMUNICAZIONE:

1) Dare ordini, comandare, esigere:

“Devi…”, “Bisogna che tu…”

Questi messaggi comunicano all’altro che i suoi sentimenti, emozioni, pensieri e comportamenti non sono adeguati e che chi parla sa cosa sia bene o male per l’altra persona.

2) Minacciare, avvertire, mettere in guardia:

“Se non fai così …”, “ Se continui così …”, “ti ostini a non seguire i miei consigli …”

Sono messaggi simili a quelli precedenti, ma qui le conseguenze, se non si ubbidisce, sono più esplicite.

3) Moralizzare, rimproverare, fare la predica:

“Non ci si comporta in questo modo …”, “Sarebbe opportuno …”, “Sei il solito irresponsabile …”, “lo dico per il tuo bene …” 

Questi messaggi creano un obbligo imposto e sensi di colpa e costringono la persona a sottostare al potere esercitato da idee e valori altrui. Questi messaggi comunicano la mancanza di fiducia nel senso di responsabilità e scelta dell’altro.

4) Offrire soluzioni, consigli:

“Secondo me la cosa migliore da fare è …”, “ascolta il mio consiglio, ci sono passato anch’io, vedrai che è la cosa migliore anche per te”

Fornire soluzioni e consigli elaborati senza tener conto dell’altro, questo blocca la comunicazione.

5) Argomentare, redarguire:

“Sì, però …”, “No, non mi dire che …”

Con una modalità un po’ diversa dalla precedente, anche questi messaggi tendono a sollecitare misure difensive e contro-argomentazioni nell’altra persona.

6) Giudicare, criticare:

“Tu sei fondamentalmente egoista …”, “Stai sbagliando tutto …” 

La valutazione induce le persone a nascondere i loro veri sentimenti e  questi messaggi insinuano una valutazione di incompetenza e interrompono la comunicazione.

7) Fare apprezzamenti, manifestare compiacimento

“Bravo, questa sì che è la scelta migliore …”, “Finalmente hai fatto la cosa giusta!” 

Questa è una barriera difficile da individuare come tale, è sempre piacevole e gratificante ricevere apprezzamenti. Allo stesso tempo il messaggio che inviamo di “approvazione”, implicitamente contiene l’idea che altre scelte le avremmo giudicate sbagliate o non adeguate. Anche se possono apparire come manifestazione di stima e fiducia, sono atteggiamenti manipolatori e paternalistici.

8) Ridicolizzare, etichettare

“Ecco sei il solito sbadato!”, “Ci risiamo…”, “No, tu non parlare perché quando parli tutti si addormentano!”

Queste modalità sono ulteriori aspetti della valutazione negativa e della critica.
Sono i classici messaggi che svalutano la persona e non solo il suo comportamento e che possono ferire profondamente.

9) Interpretare, diagnosticare

“Penso che in realtà tu non voglia dire questo …”, “Io so cosa stai cercando di dire realmente…” 

L’atteggiamento interpretativo consiste nell’attribuire un nostro significato alle parole dell’interlocutore. Si traduce nel dare all’altro una spiegazione del suo problema e questo atteggiamento è spesso sostenuto dall’idea di conoscere di più e meglio il mondo di chi parla.

10) Rassicurare, consolare

“Non avere paura …”, “Vedrai, tutto si risolverà …”, “Su fatti coraggio, non piangere”

Apparentemente, questi messaggi sembrerebbero di sostegno, in realtà sono una barriera perché tendono a bloccare l’esperienza che l’altro sta vivendo.
Se una persona è triste e/o spaventata perché non dovrebbe piangere?
A volte rassicurare e consolare è più un’esigenza legata all’incapacità di sostenere l’esperienza dell’altro che non un reale tentativo di vicinanza emotiva.

11) Fare domande insistenti, investigare, indagare

“Ma come mai è successo?”, “Ma tu cosa stavi facendo?”, “Perché eri lì?”

Consiste in una spiccata tendenza a sollecitare informazioni. Questo porta a spostare il colloquio verso una direzione diversa da quella del nostro interlocutore. Chi riceve domande insistenti ha la sensazione di essere impegnato a rispondere a un interrogatorio. Nelle relazioni quotidiane questi messaggi diventano una barriera alla comunicazione, perché le persone indagate si sentono minacciate.

12) Distrarre, minimizzare

“Dai parliamo piuttosto di cose serie, come va il lavoro?”, “Non è poi così grave quello che è successo, pensa a chi sta peggio di te!” 

Messaggi di questo tipo comunicano scarso interesse per il nostro interlocutore e per quello che sta tentando di dirci, è una mancanza di attenzione alle priorità e ai sentimenti dell’altro.

Allena la tua capacità di ascolto attivo

È quindi utilizzando l’ascolto attivo che possiamo permettere alla nostra comunicazione di risultare efficace ed evitare queste barriere.

Come? La buona notizia è che l’ascolto attivo può essere allenato!

Alcuni spunti per te:

  • Prenditi il tuo tempo per rispondere, senza pensare che questo voglia dire risultare noiosi o poco attenti. Sapere che puoi prenderti il tuo tempo ti permetterà di essere più tranquillo o tranquilla quando ascolti l’altro, così da comprendere realmente ciò che vuole comunicarti. 
  • Allenati a riformulare. Ripetere a parole tue ciò che hai ascoltato permette di chiarire eventuali fraintendimenti, fa sentire l’interlocutore accolto e gli permette di vedere le cose più chiaramente.
  • Allenati anche a dare e riceve feedback, come strumento che permette la bidirezionalità della comunicazione. Ricorda però che i feedback efficaci non si focalizzano mai sulla persona in quanto tale, ma sul messaggio!
  • Se non comprendi cosa ti sta comunicando l’altra persona, domanda spiegazioni piuttosto che cadere nella tentazione di interpretare!
  • Utilizza segnali di contatto, soprattutto di persona: sguardi, cenni, sorrisi e comportamenti non verbali che dimostrino il tuo interesse verso l’altro (che ovviamente dev’essere REALE)
  • Ascoltati all’interno dell’interazione comunicativa. Tu sei una parte importante all’interno del processo, e se è vero che il tuo focus dev’essere anche sull’altra persona, devi comunque mantenere un punto di contatto con le tue emozioni. Come ti fa sentire quella comunicazione?

E nella comunicazione digitale…?

Puoi utilizzare questi spunti anche per la tua comunicazione digitale, perché puoi allenare ed esercitare il tuo ascolto attivo anche lì!

Per questo ti chiedo di provare a tradurre ogni punto, contestualizzandolo all’interno di una comunicazione professionale sul web:

  • Come potresti portare quel punto specifico all’interno della tua comunicazione digitale?
  • Quali azioni pratiche dovresti fare?
  • Come ogni punto potrebbe migliorare la tua comunicazione?

Se vuoi un aiuto professionale per iniziare a costruire la tua carriera in modo autentico ed etico, prenota una chiamata gratuita con me e raccontami chi sei o chi vorresti diventare.

Cosa potrà succedere durante questa chiamata?

  • Male che vada, avrai investito 30 minuti del tuo tempo per capire quali sono gli aspetti sui quali dovresti lavorare per migliorare la tua comunicazione e la tua presenza online.
  • Se invece deciderai di lavorare con me, potrai iniziare finalmente a creare la tua strategia di promozione professionale in modo etico, attraverso un percorso completo e a misura di psicologo.

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Simona Moliterno

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